Lo scopo della presente relazione è quello di offrire una panoramica, necessariamente non esaustiva, sul tema dell’input in L2, illustrando a grandi linee cosa di questa entità, forse un po’ magmatica ma preziosissima, viene in prima battuta estratto – cioè percepito, elaborato e immagazzinato – dagli apprendenti e perché. È noto che indagare l’influenza dell’input, vuoi per le sue proprietà più generali (per es. input comprensibile – premodificato o semplificato vs. elaborato – oppure input negoziato/interazionale (vd. ad es. Robinson 1997) vuoi per le proprietà dei suoi singoli elementi costitutivi (la frequenza, la salienza, la trasparenza), per capire come funziona il lavorio linguistico di un apprendente alla prese con l’acquisizione di una seconda lingua è un compito arduo poiché è assai difficile distinguere e isolare il suo ruolo da quello di altre variabili che cooccorrono, insieme, in tale processo. L’input – la materia grezza senza la quale non si può innescare l’acquisizione – è forse proprio per questo uno degli aspetti meno teorizzati nella ricerca dedicata all’acquisizione di lingue seconde (Carroll 2001: 3). Nella relazione si mettono a fuoco le proprietà degli elementi costitutivi dell’input che, in base a ricerche empiriche su lingue anche diverse dall’italiano L2, risultano più incisivi – sollecitando attenzione e memoria – nel determinare il percorso di apprendimento linguistico: la frequenza dei singoli elementi/ strutture e la loro distribuzione (Gullberg et al. 2010; Yang/Givón 1997; Robinson 1997 ); la genericità del significato (Ellis/Ferreira-Junior 2009); l’affinità (formale e semantica) tra le parole della L2 e quelle di altre lingue note (Rast/Wątorek/Hilton/Shoemaker in stampa; Valentini/Grassi in stampa ) anche in riferimento all’acquisizione di altre proprietà linguistiche (per es. morfologiche); la salienza in termini prosodici, semantici, fonologici o posizionali (Gullberg et al. 2010; DeKeyser 1997; Collins et al. 2009; Goldschneider/DeKeyser 2005); la semplicità/complessità di una struttura (DeKeyser 1997; Collins et al. 2009; Spada/Tomita 2010 ).
(2015). L’input in L2: da miniera preziosa di dati linguistici a scintilla che innesca l’acquisizione [conference presentation (unpublished) - intervento a convegno (paper non pubblicato)]. Retrieved from http://hdl.handle.net/10446/32513
L’input in L2: da miniera preziosa di dati linguistici a scintilla che innesca l’acquisizione
VALENTINI, Ada
2015-03-12
Abstract
Lo scopo della presente relazione è quello di offrire una panoramica, necessariamente non esaustiva, sul tema dell’input in L2, illustrando a grandi linee cosa di questa entità, forse un po’ magmatica ma preziosissima, viene in prima battuta estratto – cioè percepito, elaborato e immagazzinato – dagli apprendenti e perché. È noto che indagare l’influenza dell’input, vuoi per le sue proprietà più generali (per es. input comprensibile – premodificato o semplificato vs. elaborato – oppure input negoziato/interazionale (vd. ad es. Robinson 1997) vuoi per le proprietà dei suoi singoli elementi costitutivi (la frequenza, la salienza, la trasparenza), per capire come funziona il lavorio linguistico di un apprendente alla prese con l’acquisizione di una seconda lingua è un compito arduo poiché è assai difficile distinguere e isolare il suo ruolo da quello di altre variabili che cooccorrono, insieme, in tale processo. L’input – la materia grezza senza la quale non si può innescare l’acquisizione – è forse proprio per questo uno degli aspetti meno teorizzati nella ricerca dedicata all’acquisizione di lingue seconde (Carroll 2001: 3). Nella relazione si mettono a fuoco le proprietà degli elementi costitutivi dell’input che, in base a ricerche empiriche su lingue anche diverse dall’italiano L2, risultano più incisivi – sollecitando attenzione e memoria – nel determinare il percorso di apprendimento linguistico: la frequenza dei singoli elementi/ strutture e la loro distribuzione (Gullberg et al. 2010; Yang/Givón 1997; Robinson 1997 ); la genericità del significato (Ellis/Ferreira-Junior 2009); l’affinità (formale e semantica) tra le parole della L2 e quelle di altre lingue note (Rast/Wątorek/Hilton/Shoemaker in stampa; Valentini/Grassi in stampa ) anche in riferimento all’acquisizione di altre proprietà linguistiche (per es. morfologiche); la salienza in termini prosodici, semantici, fonologici o posizionali (Gullberg et al. 2010; DeKeyser 1997; Collins et al. 2009; Goldschneider/DeKeyser 2005); la semplicità/complessità di una struttura (DeKeyser 1997; Collins et al. 2009; Spada/Tomita 2010 ).File | Dimensione del file | Formato | |
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