Il saggio propone una rilettura puntuale dei quattro "Ventagli giapponesi" di Corrado Govoni, posti a inaugurare la raccolta d’esordio del giovane poeta ("Le fiale", 1903). Lo studio, in particolare, risolve un problema molto dibattuto dalla critica govoniana, che si è affannata a trovare le ragioni dell’apparente mancanza di una struttura retorica nel testo, segnato da una complessa trama di rimandi, ascendenze e citazioni, a intreccio, a mosaico, a raggiera e per frammenti. È la scoperta dell’arte giapponese a suggerire al giovane Govoni una nuova spazialità che fa del ventaglio un ideale supporto dell’immagine e della scrittura. Il ventaglio, struttura scomponibile, rimodulabile, a pannelli mobili, “a soffietto”, segmenta l’immagine secondo il gusto nipponico, isola l’oggetto nella sua bellezza circondandolo di vuoto, di silenzio e di non detto. Grazie alla sua modularità, allude anche alle possibilità combinatorie del linguaggio poetico ereditato dalla tradizione europea recente e, nel suo darsi come pura superficie, traduce l’illusorietà di cui vive la poesia stessa. Non è un caso che Fiumi scelga l’oggetto come metafora del virtuosismo stilistico d’un giovane Govoni che, «con la superbia del pavone», «sventaglia la sua ruota occhiuta di gocce irridenti».

Lo spazio poetico nei "Ventagli giapponesi" di Corrado Govoni

SIRTORI, Marco
2015-01-01

Abstract

Il saggio propone una rilettura puntuale dei quattro "Ventagli giapponesi" di Corrado Govoni, posti a inaugurare la raccolta d’esordio del giovane poeta ("Le fiale", 1903). Lo studio, in particolare, risolve un problema molto dibattuto dalla critica govoniana, che si è affannata a trovare le ragioni dell’apparente mancanza di una struttura retorica nel testo, segnato da una complessa trama di rimandi, ascendenze e citazioni, a intreccio, a mosaico, a raggiera e per frammenti. È la scoperta dell’arte giapponese a suggerire al giovane Govoni una nuova spazialità che fa del ventaglio un ideale supporto dell’immagine e della scrittura. Il ventaglio, struttura scomponibile, rimodulabile, a pannelli mobili, “a soffietto”, segmenta l’immagine secondo il gusto nipponico, isola l’oggetto nella sua bellezza circondandolo di vuoto, di silenzio e di non detto. Grazie alla sua modularità, allude anche alle possibilità combinatorie del linguaggio poetico ereditato dalla tradizione europea recente e, nel suo darsi come pura superficie, traduce l’illusorietà di cui vive la poesia stessa. Non è un caso che Fiumi scelga l’oggetto come metafora del virtuosismo stilistico d’un giovane Govoni che, «con la superbia del pavone», «sventaglia la sua ruota occhiuta di gocce irridenti».
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2015
Sirtori, Marco
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